Il nuovo Vescovo di Trieste ricorda anche le vittime delle foibe

Fonte: https://www.anvgd.it/il-nuovo-vescovo-di-trieste-ricorda-anche-le-vittime-delle-foibe/

Una Chiesa “famiglia di famiglie”, capace di ascolto e corresponsabilità, e insieme complicità e pazienza. Una Chiesa capace di annunciare la novità del Vangelo.

Una Chiesa che prega per la pace e le vittime di ogni violenza. Sono stati questi alcuni dei principali passaggi dell’omelia del vescovo Enrico Trevisi nella Messa di ingresso in Diocesi di Trieste, celebrata nel pomeriggio di domenica 23 aprile nella Cattedrale di San Giusto. 

L’affidamento al Santuario di Monte Grisa

Un insediamento iniziato al Santuario mariano “Maria Madre e Regina” di Monte Grisa che il vescovo cremonese ha raggiunto alle 14.45. Una preghiera a Maria e la benedizione su Trieste, impartita dal piazzale del santuario e rivolto verso il mare, sono stati i suoi primi gesti ufficiali del vescovo Trevisi che, subito dopo, all’interno del santuario, davanti alla statua della Madonna di Fatima, ha recitato la preghiera di affidamento a Maria, per mettere sotto la sua materna protezione l’inizio del proprio ministero episcopale.

Tante le famiglie, con i bambini e ragazzi, che hanno gremito il Santuario rispondendo all’invito del Servizio per la Pastorale della famiglia della Diocesi di Trieste. Insieme alle famiglie monsignor Trevisi ha voluto pregare perché la Chiesa diventi una «famiglia di famiglie», contagiata dal «quel sano stile familiare che trasuda di complicità, di pazienza, di reciproco ascolto, di corresponsabilità, pur dentro le fatiche, le stanchezze, le inadempienze che tutti ci portiamo appresso». E non è mancata l’invocazione per la pace.

Poi il breve ma intenso momento di incontro con le famiglie: «Chiediamo di imparare da Maria – ha detto ai presenti – per compiere quello che il Signore ci chiede. Farlo oggi e ogni giorno, nelle nostre famiglie e nel mondo». Quindi rivolto ai bambini ha ribadito la necessità «che la Chiesa diventi una grande famiglia di famiglie, imparando dalle nostre famiglie». Alle famiglie il vescovo Trevisi ha chiesto di «contagiare la chiesa».

Una domanda cui tutti i presenti hanno risposto con un forte «sì». «Mi ricorderò che la prima cosa che ho sentito a Trieste è stato questo sì», ha detto Trevisi, che poi, sottolineando come tante parrocchie tergestine siano intitolate a Maria, ha affermato: «Che bello che ovunque troviamo la Madonna che ci indica di seguire Gesù».

E ancora: «Dove c’è Maria c’è casa, c’è famiglia. Dove c’è Maria noi pensiamo che ci sia questo legame con Gesù. Impariamo a sentire questi legami come qualcosa di prezioso che ci rende sicuri nel percorrere le strade differenti della vita». Quindi l’augurio: «Buon cammino, restiamo uniti». 

L’accoglienza a San Giusto

Con la scorta d’onore della Polizia locale di Trieste, monsignor Trevisi ha quindi raggiunto la Cattedrale di San Giusto, dove è arrivato poco prima delle 15.40. Ad accoglierlo anche il grande manifesto che sino a poche ore prima era esposto sulla facciata della chiesa parrocchiale di Cristo Re e che i suoi ex parrocchiani hanno voluto portare sino a Trieste.

Salutate le autorità civili e militari, sulla piazza davanti a San Giusto il vescovo Trevisi ha passato in rassegna il picchetto militare interforze, entrando subito dopo in Cattedrale dove il suo predecessore, l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, l’ha accolto insieme canonici del Capitolo della Cattedrale.

Dopo il bacio del crocifisso e l’aspersione dei fedeli, monsignor Trevisi si è avviato verso l’altare maggiore per recarsi nel bat­tistero di San Giovanni e indossare i paramenti per la celebrazione. 

Dopo la lettura della bolla di nomina da parte del cancelliere vescovile don Luigi Tonon, il metropolita Redaelli ha letto la formula di rito: «Fratelli e sorelle in Cristo, per grazia di Dio e designazione della Sede Apostolica, da questo momento il vescovo Enrico Trevisi è pastore della santa Chiesa di Trieste».

Quindi, salutato da un caloroso applauso, il vescovo Trevisi, indossata la mitra e con il pastorale, ha raggiunto la cattedra e sedendosi ha ufficialmente preso possesso della Diocesi di Trieste.

Hanno quindi fatto seguito i saluti ufficiali. Anzitutto del preposito del Capitolo della Cattedrale, mons. Giampaolo Muggia, che ha voluto sottolineare il legame tra Cremona e Trieste, tra la casa di sant’Omobono e quella di san Giusto, entrambe sotto la protezione della Madonna, Assunta e Immacolata, «richiamo all’umiltà e all’operosità di Maria, e sostegno per un pastore che, come richiama Papa Francesco, sa camminare davanti, in mezzo e dietro il suo gregge». «Nello spendersi per il bene di Dio non si è mai soli», ha ricordato il canonico, rimarcando quindi la «necessità di camminare insieme nella comunione».

Subito dopo il patriarca Moraglia, salutando Trevisi a nome dei vescovi del Triveneto, ha voluto sottolineare che «quando un vescovo succede a un altro e inizia il suo ministero episcopale, allora, si tocca con mano come la Chiesa sia una realtà che ci precede, che è prima di noi, è con noi e rimarrà dopo di noi. I vescovi passano, le Chiese rimangono! – ha affermato – La Chiesa, quindi, è quel noi, quel soggetto comunitario, che viene prima dei singoli “io”». Dopo aver sottolineato il solido legame del binomio Vescovo-Chiesa ha aggiunto: «Non basta stare di fronte alla realtà, ossia alle situazioni di sofferenza e crisi del nostro tempo; una Chiesa deve starvi “dentro”, abitarle con passione e simpatia, nell’amore e nella verità, sapendo che solo tenendo insieme verità ed amore sull’uomo si trasmette la redenzione, il dono pasquale di Cristo».

Da ultimo il saluto del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, a nome della Città e dei Comuni del territorio della diocesi (Monrupino, San Dorligo-Dolina e Muggia), ha voluto testimoniare «la forte volontà e l’impegno di una terra segnata dalle ferite del confine e dai drammi del ‘900, rappresentati nella tragedie delle leggi razziali, dall’orrore delle rappresaglie, dall’ingiustizia dell’esodo e dall’asprezza della diffidenza».

E il pensiero è andato in particolare ai monumenti nazionali della Risiera di San Sabba e della foiba di Basovizza, «moniti perenni» delle tragedie vissute. Parole che hanno tracciato una strada fatta di dialogo e collaborazione per «il dovere di costruire una società più giusta».

La Celebrazione, animata dalla Cappella Civica di Trieste, è stata caratterizzata dalle letture proposte in italiano e sloveno.

L’omelia del vescovo Enrico Trevisi

Dalla cattedra, in piedi, il vescovo Trevisi ha proposto la propria riflessione, con tante citazione di don Primo Mazzalari, parroco di Bozzolo e “d’Italia”, di cui è in corso il processo di beatificazione.

«Anch’io, oggi qui, da questa Cattedrale, a voce alta – ha detto Trevisi – vi annuncio: “Il Signore Gesù è risorto”. Impariamo a guardare a Lui, ammirati, per ritrovare ragioni di speranza e dunque cammini di fraternità. Lui cammina con noi».

L’immagine dei discepoli di Emmaus, in cammino tristi, ha portato il vescovo Trevisi ad affidare a Dio «le vittime della Risiera di San Sabba e delle foibe di Basovizza e tutte le altre vittime che ci portano a gridare: Mai più! Mai più! E invece con tristezza guardiamo al mondo di oggi ancora insanguinato da tante guerre fratricide, da tanti massacri, da tanta miseria che genera profughi, che alimenta disperazione ( prosegue su Diocesi di Cremona)

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